"Dublin Core:Title","Dublin Core:Subject","Dublin Core:Description","Dublin Core:Creator","Dublin Core:Source","Dublin Core:Publisher","Dublin Core:Date","Dublin Core:Contributor","Dublin Core:Rights","Dublin Core:Relation","Dublin Core:Format","Dublin Core:Language","Dublin Core:Type","Dublin Core:Identifier","Dublin Core:Coverage","Item Type Metadata:Text","Item Type Metadata:Interviewer","Item Type Metadata:Interviewee","Item Type Metadata:Location","Item Type Metadata:Transcription","Item Type Metadata:Local URL","Item Type Metadata:Original Format","Item Type Metadata:Physical Dimensions","Item Type Metadata:Duration","Item Type Metadata:Compression","Item Type Metadata:Producer","Item Type Metadata:Director","Item Type Metadata:Bit Rate/Frequency","Item Type Metadata:Time Summary","Item Type Metadata:Email Body","Item Type Metadata:Subject Line","Item Type Metadata:From","Item Type Metadata:To","Item Type Metadata:CC","Item Type Metadata:BCC","Item Type Metadata:Number of Attachments","Item Type Metadata:Standards","Item Type Metadata:Objectives","Item Type Metadata:Materials","Item Type Metadata:Lesson Plan Text","Item Type Metadata:URL","Item Type Metadata:Event Type","Item Type Metadata:Participants","Item Type Metadata:Birth Date","Item Type Metadata:Birthplace","Item Type Metadata:Death Date","Item Type Metadata:Occupation","Item Type Metadata:Biographical Text","Item Type Metadata:Bibliography","Item Type Metadata:Player","Item Type Metadata:Imported Thumbnail",tags,file,itemType,collection,public,featured
"Paul Grohmann",,"Quando Grohmann giunge per la prima volta a Cortina nel 1862, aveva già fondato insieme a Edmund von Mojsisovics Mojsar e Guido von Sommaruga, due compagni di Università del corso di scienze di diritto, il Club Alpino Austriaco/Österreichische Alpenverein, su ispirazione dell’Alpin Club Britannico. A partire dal 1863 iniziano le sue grandi imprese. Nel 1873 è nominato cittadino onorario di Cortina e nel 1877 pubblica “Wanderungen in den Dolomiten”.
Arrivato a Cortina aveva bisogno di moderni “scudieri” che lo accompagnassero nelle sue arrampicate. Mancando guide ufficiali egli contattò quattro cacciatori: Francesco Lacedelli, anche conosciuto come Checo da Melères, Angelo e Fulgenzio Dimai e Santo Siorpaes. Dalle esplorazioni di Grohmann con i quattro cacciatori nascono le prime guide di Cortina.
29 agosto 1863: Paul Grohmann e Checo da Melères raggiungono per primi la cima della Tofana di Mezzo (3243 m), dando così inizio all’era dell’alpinismo ampezzano.
","Guide Alpine Cortina (foto e materiali) - Tofana - Freccia nel Cielo (elaborazione testi)","Guide Alpine Cortina",,"Inizio Novecento - alpinismo",,,"Sportsculture - I pionieri di ieri e di oggi",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,," Die pioniere von gestern und heute,alpinismo,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,Past and present pioneers,Pionieri di ieri e di oggi,Sport,Sportsculture",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/42822403d9fc1fc5d60f1d6677829182.jpg,"Still Image","Museo Dolom.it",1,0
"Sci militari",,"Metri e metri di neve, più di 8 o 10, un freddo polare, - 40°, bisognava rifornire le postazioni, velocemente. Muli e cani da slitta non potevano salire su una montagna tanto impervia, così gli uomini si munirono di sci: lunghi, in legno, a volte difficili da guidare e pesanti, eppure fondamentali per spostarsi su una montagna, la montagna, la Regina delle Dolomiti, la Marmolada.
L'esemplare di sci presente nel nostro museo apparteneva ad Arturo Andreoletti, Capitano della 206^ Compagnia Val Cordevole. ","Museo Marmolada Grande Guerra ","Sito internet museo",,"1915-1917 - Grande Guerra sulla Marmolada",,,"Sportsculture - Lungo la scia",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,"2021,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,DolomitesMuseum2021,DoloMythicWomen,DoloMythischeFrauen,DonneDoloMitiche,Lavoro,sci alpino,Sport,Sportsculture",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/3bbaeafecc92b4519090cb2b5f24f454.jpg,"Still Image","Museo Marmolada Grande Guerra",1,0
"Il guardiaparchi sugli sci",,"Una delle prime, se non la prima, divisa dei guardiaparchi del nostro Parco Naturale delle Dolomiti d'Ampezzo. In inverno per sposarsi nel vasto territorio protetto, 11200 ettari, si munivano di sci e racchette per agevolare i loro spostamenti.
Il primo paio di sci arrivò a Cortina d’Ampezzo nel 1897 grazie ad un insegnante di origine cecoslovacca della Scuola d’Arte; questi primi esemplari erano generalmente lunghi due metri e venti e costruiti con legno di frassino oppure di abete, arricciati in punta. Lo sci in quei primi anni serviva solo a “galleggiare” sulla neve fresca nel miglior modo possibile, permettendo così di spostarsi in maniera più agevole sui pendii innevati. Va ricordato inoltre che in quel periodo non esistevano vere e proprie piste: chi andava sugli sci sapeva fare più o meno tutto: fondo, discesa, salto per riuscire a superare salite, ma anche oltrepassare rocce senza farsi male o danneggiare gli sci. Le racchette servivano, oltre che per l'equilibrio, anche per una maggiore stabilità nei tratti più accidentati... ecco il perché della base rotonda molto più grande di quelle delle racchette odierne.","Museo Paleontologico Rinaldo Zardini","Sito internet museo ",,,,,"Sportsculture - Lungo la scia",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,," Spuren im schnee,2021,Along the trail,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,DolomitesMuseum2021,DoloMythicWomen,DoloMythischeFrauen,DonneDoloMitiche,Lavoro,Lungo la scia,sci alpino,Sport",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/26c5b50ec72afb7a2f28d0f26e585b60.jpg,"Still Image","Museo Paleontologico Rinaldo Zardini",1,0
"El còcio - Lo slittino",,"Tra gli sport/giochi invernali presenti a Cortina d'Ampezzo non c'era solo lo sci.. lo slittino veniva principalmente usato dai bambini per giocare, ma anche per fare gite tutti assieme con gli adulti, specialmente la domenica, tra gli splendidi sentieri della conca e spesso si scendeva in gruppo legando gli slittini tutti insieme in un grande serpentone. Esistono diverse tipologie di slitta, ognuna con un suo utilizzo: il ""còcio"", ovvero lo slittino era il mezzo privilegiato dai bambini perché il meno pesante e comodo per andare anche a scuola nelle giornate nevose. Naturalmente ogni pendio era un'ottima occasione per una bella discesa veloce! Mentre le escursioni in famiglia si sceglievano sentieri immersi nel bosco: più lunga era la salita maggiore era il divertimento nel scendere poi tutti assieme.
La ""lióṣa"" era invece la slitta da carico; di dimensioni variabili veniva utilizzata per trasportare i recipienti del latte dalle stalle al centro paese o addirittura i tronchi abbattuti e portati a fondo valle.
Esiste anche un particolare tipo di slittino, più lungo di uno normale dotato di volante e freni laterali.. un ibrido con un bob per i più coraggiosi!","Museo Etnografico Regole d'Ampezzo","Sito internet museo ",,"Dalla fine dell'Ottocento (forse anche prima)",,,"Sportsculture - Lungo la scia",,,,Sportsculture_016,"Museo Etnografico Regole d'Ampezzo via Marangoni 1 32043 Cortina d'Ampezzo BL",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,," Spuren im schnee,Along the trail,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,Lungo la scia,slittino,Sport",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/1f685c1e8be0c1ac3b45a399e591b2bc.JPG,"Still Image","Museo Etnografico Regole d'Ampezzo",1,0
"Le ciaspole",,"Le ciaspole sono oggi uno strumento popolare in montagna. Sono state concepite per poter camminare sulla neve fresca ""galleggiando"". Mentre oggi sono realizzate con materiali tecnologici, ramponi e cinghie regolabili un tempo erano costituite da un anello di legno al cui interno veniva tessuta una rete fatta di strisce di cuoio o corde.
","Museo Casa Bruseschi","Sito internet museo ",,"26 giugno 2020",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,," Spuren im schnee,Along the trail,ciaspole,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,Lungo la scia,Sport,Sportsculture",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/eafeece9c3ba35d551193dba5d0171a4.jpg,"Still Image","Museo Casa Bruseschi",1,0
"Trampolino Italia Cortina d'Ampezzo: il riuso",,"Il Trampolino Italia è il grande simbolo di Cortina d’Ampezzo, dalle Olimpiadi del 1956. Oltre sessant’anni dopo, è opportuno e necessario riflettere sulla potenzialità di riuso di questo manufatto, tanto iconico e peculiare, collocato in una posizione logistica tanto strategica rispetto all’eccesso a cortina. Il trampolino, ripetiamo già da alcuni anni, dovrebbe essere il tedoforo naturale di Cortina 2021 e di Milano-Cortina 2026. Esso potrebbe già funzionare da tempo come faro e landmark del territorio, tracciando la rotta verso il 2021 e 2026, ma soprattutto ridiventando qualcosa di attivo e di utile per il proprio territorio, in una prospettiva di continuità, che vada ben oltre l’evento sportivo. L’interesse di Dolomiti Contemporanee per il Trampolino Italia rientra in una politica culturale ampia, che si configura come una pratica e una sorta di “geografia della rigenerazione”, che consente di riattivare, temporaneamente o in permanenza, grandi siti abbandonati o sottosfruttati nelle Dolomiti patrimonio UNESCO mettendoli in rete. Da alcuni anni ragioniamo dunque su un possibile riuso della struttura del trampolino e delle tribune. Una ulteriore dimostrazione di interesse rispetto a tale manufatto è costituita da una tesi di laurea (2019) nata da un’idea dei giovani architetti Gabriele Bee e Mattia Menardi (Laurea Magistrale dell’Università Iuav di Venezia – Dacc Dipartimento di Architettura Costruzione Conservazione) sotto la guida del Prof. Paolo Faccio, relatore della tesi e responsabile del progetto di ricerca cluster lab Iuav HeModern. Lo studio sul trampolino, che si sta sviluppando ultriormente, ha portato dunque alla nascita di un gruppo di lavoro, che include gli stessi Archietti, il loro collega Walter Stefani, lo Iuav con il Prof. Faccio, e Dolomiti Contemporanee. Il progetto includerà una proposta legata al restauro del bene, e una proposta di riuso, articolata per fasi (prima, durante, e dopo il restauro della struttura) e per funzioni. In tal senso, l’interesse dell’ateneo, e la collaborazione con DC, potrà condurre ad elaborare una proposta sensata e sostenibile di riutilizzo del trampolino, il cui potenziale è evidente a tutti. Il Cluster Lab Iuav HeModern, è un raggruppamento interdipartimentale e interdisciplinare dello Iuav, con interessi comuni rivolti alla necessità di definire ambiti, obiettivi e metodi per la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale moderno e contemporaneo, anche attraverso interazioni con l’arte, in una chiave di nework aperto. In questa fase, si analizzano dunque le potenzialità del trampolino, ovvero il valore del manufatto, la sua stategica collocazione rispetto alla viabilità, le funzioni che esso potrà accogliere durante l’Olimpiade Milano-Cortina 2026, un programma di riuso e valorizzazione, anche funzionale, attraverso l’arte contemporanea, e, naturalmente, le funzioni che esso potrà ospitare all’indomani dei grandi eventi sportivi. Parallelamente a ciò, il gruppo di lavoro ha cominciato a costruire una serie di ragionamenti di rete, che includono soggetti, pubblici e privati, potenzialmente interessati ad un programma di rigenerazione e riuso, e che vanno dunque condotti collaborativamente all’interno del gruppo d’interesse. Nei prossimi mesi, cominceremo a descrivere i lineamenti della proposta di riuso con una prima mostra all’interno del Museo Rimoldi di Cortina d’Ampezzo che sarà inaugurata ai prima di novembre. Storia, Colore.
(testo e immagini: Mattia Menardi, Gabriele Bee, Walter Stefani) Il primo trampolino venne costruito a Zuel nel 1923 grazie al finanziamento del Barone Franchetti.
La struttura, costituita da un telaio in legno di larice, consentiva di saltare fino a quaranta metri. Nel 1926 furono apportate modifiche che consentirono di aumentare la portata dell’impianto fino a cinquantadue metri. La struttura era composta da cavalletti in legno di larice controventati e raggiungeva un’altezza massima della rampa di lancio di ventinove metri. Nel 1940 il vecchio trampolino venne sostituito da una nuova struttura costruita in legno di larice. Progetto e calcoli furono eseguiti dall’ingegner Mario Giacobbi in collaborazione con Federico von Tershack.
Dal nuovo trampolino si potevano ora raggiungere i settantacinque metri di salto e l’altezza della pista di lancio venne portata a quarantotto metri. Nel 1952 i Giochi Olimpici Invernali si svolsero ad Oslo e le gare di salto vennero disputate nella storica collina di Holmenkollen.
Nello stesso anno la commissione tecnica comunale comunicò che il Trampolino Italia doveva essere sostituito perché la struttura lignea presentava grossi problemi di manutenzione.
Fu quindi questa l’occasione per costruire una struttura all’avanguardia di cemento armato, in vista dei VII Giochi Olimpici che sarebbero stati ospitati a Cortina nel 1956. I lavori di costruzione iniziarono nell’aprile del 1955 e a dicembre venne inaugurato il nuovo impianto. Il progetto venne redatto dal Prof. Ing. Piero Pozzati in collaborazione con l’Ing. Holzner della F.I.S.I., e realizzato dalla ditta Mantovani di Bologna, il collaudo venne effettuato dall’Ing. Pierluigi Nervi. Il nuovo impianto venne rinnovato in tutti i settori, l’arena di arrivo fu ampliata per incrementare la capacità di pubblico fino a quarantamila persone, nella nuova zona di atterraggio furono costruite due tribune che potevano ospitare millequattrocentocinquanta spettatori ciascuna. Qui trovavano spazio anche le cabine dei giudici. La nuova rampa di lancio in cemento armato precompresso raggiunge un’altezza di quarantanove metri. essa è composta da un pilastro e un’unica trave lunga ottantatre metri. La sezione strutturale è cava in modo da ospitare tutti i servizi necessari agli atleti al suo interno. Questa struttura fin da subito riscontrò un grande successo tra i tecnici della disciplina. Dopo l’evento olimpico il trampolino continuò ad ospitare competizioni nazionali ed internazionali, diventanto un simbolo per l’intera valle. Nel 1975 fu eseguito da parte del comune un intervento per l’aggiornamento del profilo di salto e anche per quello di atterraggio, modificandone drasticamente la sagoma. nel 1980 proprio sul trampolino furono girate delle scene del film Solo per i tuoi occhi della saga di 007. L’arena di atterraggio venne in seguito trasformata in un campo da calcio ed il Trampolino Italia venne lentamente dismesso fino ad arrivare alle condizioni di abbandono nelle quali versa oggi. Solo recentemente sono stati ospitati in questo luogo eventi sporadici legati ad altre manifestazioni.
Gli unici eventi che avvengono regolarmente sono il torneo di calcio dei sestieri di cortina nell’arena e la festa campestre del sestiere di Zuel nel piazzale sottostante alla rampa di lancio. Il colore è un elemento estremamente importante per comprendere il rapporto che l’opera instaura con il paesaggio, ma è oggi difficilmente percepibile a causa delle condizioni di degrado in cui la struttura versa. L’uso del colore nella costruzione dell’immagine della rampa di lancio è uno degli elementi più caratterizzanti di questa architettura. I colori scelti sono gli stessi che sono stati usati per la costruzione di molti degli impianti relativi alle Olimpiadi del 1956: si possono osservare le stesse tinte infatti anche nel Palazzo della Telve costruito nel centro di Cortina. L’accostamento di questi colori nasce da uno specifico obiettivo progettuale, nella relazione ufficiale dei settimi giochi olimpici invernali si legge che “la struttura è stata ridotta al suo profilo essenziale”. Questo obiettivo progettuale è stato raggiunto non solo tramite particolari ed innovative tecniche strutturali ma anche tramite un pesato uso del colore. Il profilo è messo in risalto dalla lamiera che lo definisce, di un colore rosso complementare al verde degli abeti dello sfondo, e da un contrasto con il bianco dell’esile profilo strutturale ed il bianco della neve della rampa di lancio. Agli elementi che non fanno parte della struttura principale è stato assegnata una particolare tinta rosa che ricorda il colore della dolomite illuminata dal sole. Per gli elementi di finitura, come i parapetti e i pennoni delle bandiere, è stato utilizzato un colore celeste in modo che questi elementi possano smaterializzarsi quando vengono visti in contrasto con il cielo. Il profilo rosso così evidente, schiacciato tra il bianco della neve della rampa di lancio e lo stesso colore riportato sul fianco della struttura, evidenzia la linea generatrice di questo progetto, il rosa del dente che si accende con la luce serale, facendo entrare anche il trampolino nell’enrosadira dolomitica. Anche i parapetti, che dividevano i vari settori del pubblico e delimitavano le diverse vie di accesso, erano stati realizzati in tondame di betulla non scortecciato, in modo che il bianco della corteccia di questa essenza potesse sparire insieme al bianco della neve. Questo uso così attento del colore è senz’altro uno dei motivi che ha concorso fin da subito all’apprezzamento di un progetto tanto moderno in un ambiente conservativo come quello di Cortina. A differenza del sopracitato Palazzo Telve, il trampolino è stato da subito accettato dalla comunità, ed anche oggi, nonostante lo stato di degrado, è un oggetto universalmente riconosciuto come simbolo.","Gruppo i lavoro Dolomiti Contemporanee; Arch. Gabriele Bee, Arch Mattia Menardi, Dott. Walter Stefani","Sito internet ","Dolomiti Contemporanee",23/06/2020,,,"Sportsculture - il territorio e lo sport",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,," Sport und das gebiet,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,Il territorio e lo sport,olimpiadi,Sport,Sport and the local area,trampolino","https://patrimonio.museodolom.it/files/original/fb805052ff53726a22c29d9c343fe8cb.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/598fb77d212f092eaf20ce6d216d817a.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/3adca020cc705c434e50c4003278d85c.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/d9077690ecf2bf8f77f4a3ae47ea2bcf.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/a4aedbfb67d170f24bdca31a3d308289.png,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/04028e0db4cf82df059d608c018249ce.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/996f16a61c2b6683dae3e90403226626.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/a299334078799bb13d37168085ea368f.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/76b7d0e333908a85c3bb1f6cce5fd22f.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/facdadedeacd6de90d2d3d7191aba18f.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/50fc9b67036608c1c2c1aad6d67d921a.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/34dd41cbad310bbb89439bf0e2b6e118.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/a251cd3b8d0736e713abb2bd0ec4d35d.jpg,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/255f9fca89b1bae03a5ac6cbf28ed886.png,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/53280c443b0425f4ebc3321e35e13a75.png,https://patrimonio.museodolom.it/files/original/895eb6d15ccb7239d4a64490987a65cb.png",Text,"Dolomiti Contemporanee",1,0
"Copertina di una vecchia guida Alta Via Edizione Zanichelli",,"Le prime sei Alte Vie delle Dolomiti sono così classificate:
n.1- ideata da Pietro Rossi (“la classica”) 1969 - 1997
Dal lago di Braies a Belluno. 150 km, 13 giorni, facile con breve via ferrata.
Rispetto alla guida originale di Piero Rossi, uscita in diverse edizioni, nel corso degli anni successivi sono state apportate alcune modifiche e lievi aggiornamenti al tracciato.
Difficoltà: EE e EEA, breve tratto di A in zona Màrmol.
n.2- ideata da Mario Brovelli - 1966 (alta via delle Leggende)
Da Bressanone a Feltre. 185 km, 15 giorni, passaggi in roccia difficoltà III e tappa con ghiacciaio (Marmolada).
Su “Lo Scarpone”, notiziario del Club Alpino Italiano, nel 1966 apparve un articolo di Mario Brovelli che, per primo, proponeva un lungo ed interessantissimo itinerario dolomitico che congiungesse Bressanone a Feltre. L’idea prese subito corpo e fu chiamata in seguito Alta Via delle Dolomiti n. 2 o Alta Via delle Leggende.
Difficoltà: E, EE (EEA su alcuni tratti e varianti)
n. 3 - ideata da Mario Brovelli - 1966 (alta via dei camosci)
Da Dobbiaco a Longarone. 120 km, 10 giorni, tappe lunghe con vie ferrate e passaggi in roccia II.
Traendo spunto dal suo programma di itinerari dolomitici, apparso su “Lo Scarpone” del mese di Settembre del 1966, Mario Brovelli propose questa superba traversata che, da Villabassa-Niederdorf in Pusterìa, porta a Longarone nella valle del Piave attraverso imponenti gruppi montuosi dolomitici.
Pregevole il volumetto-guida pubblicato nel 1976, redatto con l’aiuto di Bruno Tolot per i tipi delle Edizioni Alpine - Foto Ghedina Cortina; si intitolava “Alta Via dei Camosci” e portava il numero 3. Il percorso di base si svolge su sentieri non particolarmente impegnativi per un buon escursionista, sempre attrezzati nei passaggi o nei tratti scabrosi. Alcune tappe presentano notevoli dislivelli in salita, altri anche in discesa.
Difficoltà: E, EE, brevi tratti di EEA.
n.4- ideata da Toni Sanmarchi - (alta via di Grohmann) 1973 - 1976
Da San Candido a Pieve di Cadore. 90 km, 8 giorni, vie ferrate passaggi in roccia difficoltà II.
L’Alta Via di Grohmann si svolge unicamente sull’alta montagna dolomitica, dove il percorso segue mulattiere e sentieri quasi sempre in buone condizioni, segnalati e, dove necessario, attrezzati. È, in sostanza, un itinerario di buon livello escursionistico più che alpinistico in quanto non presenta difficoltà particolarmente impegnative. Il solo tratto Rifugio Vandelli-Bivacco Comici-Colli Neri, attrezzato con corde fisse, richiede una certa pratica alpinistica.
L’Alta Via n. 4 è stata dedicata da Toni Sanmarchi a Paul Grohmann, il grande alpinista viennese che per primo scalò diversi colossi dolomitici interessati da questa Alta Via: i Tre Scarpèri, la Croda dei Barànci, la Cima Grande di Lavaredo, il Cristallo, il Sorapìss, l’Antelao.
La prima guida di questa Alta Via è edita da Tamari di Bologna nel 1973 e nel 1976.
Difficoltà: da E a EEA (con alcuni percorsi alpinistici attrezzati)
n. 5- ideata da Toni Sanmarchi - (alta via di T. Vecellio) 1973 - 1979
Da Sesto a Pieve di Cadore. 100 km, 10 giorni, vie ferrate e punti di difficoltà II, in parte pernottamento in bivacco.
Il percorso di base si svolge, almeno per quanto riguarda la Croda dei Tóni e l'Antelao, su sentieri non particolarmente impegnativi per un buon escursionista, peraltro sempre attrezzati nei passaggi o nei tratti scabrosi.
Sulle Marmarole, invece, dove la montagna è più selvaggia, esistono difficoltà maggiori, anche in considerazione dell’isolamento ambientale, dei notevoli dislivelli, della mancanza d'acqua e del grande silenzio.
Rispetto alla guida originale di Toni Sanmarchi, uscita in diverse edizioni, nel corso degli anni successivi sono state apportate alcune modifiche e lievi aggiornamenti al tracciato primitivo.
Difficoltà: da EE a EEA (alcuni tratti attrezzati e ferrate sulle varianti).
n.6- ideata da Toni Sanmarchi - (alta via dei silenzi) 1972
Da Sappada a Vittorio Veneto. 190 km, 14 giorni, vie ferrate e punti di difficoltà II-III, tappe lunghe e isolate, in parte pernottamento in bivacco.
Si cita qui la nuova versione denominata A.Via Europa 6, nel 2005 integrata con la parte Austriaca e composta di due settori:
6a. Alta Via Großglockner-Peralba a cura di Günter Mussnig e Ernst Rieger
Difficoltà: T3, mediamente difficile; un passaggio di T4, difficile.
6b. Alta Via delle Dolomiti n. 6 o “dei silenzi” ideata da Toni Sanmarchi nel 1972.
L’Alta Via delle Dolomiti n. 6 o “dei silenzi” ha origine là dove nasce il Fiume Piave, nell’altopiano umido ai piedi del Peralba, sulla testata della Val Visdende, e raggiunge Vittorio Veneto traversando i gruppi montuosi del Rinaldo, delle Tèrze, dei Clap, dei Monti di Sàuris, del Tiàrfin, del Crìdola, degli Spalti di Toro e Monfalcóni, del Duranno-Cima dei Preti e del Col Nudo-Cavallo.
L’Alta Via delle Dolomiti n. 6 si mantiene a una quota media di 2000 metri, con difficoltà su roccia non rilevanti, ma con frequenti tratti su terreno scabroso, a volte esposto e insidioso specie nella zona Duranno-Cima dei Preti. Esistono, peraltro, attrezzature fisse nei tratti più impegnativi. Uno dei problemi più rilevanti di questo percorso, particolarmente nella sua parte centrale e meridionale, è la mancanza d’acqua.
Difficoltà: E, EE (EEA su alcune varianti)
",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,," Überschreitungen,alta via,Altevia,Altevie,Attraversamenti,Crossings,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,Höhenweg,Sport,Sportsculture,Tross di mont",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/23fd078aabc104524f17ece4d46a83d8.jpg,"Still Image","Museo Dolom.it",1,0
"Lo slittino",,"Tra gli sport/giochi invernali presenti a Cortina non c'era solo solo sci.. lo slittino veniva usato dai bambini per giocare, ma anche per fare gite tutti assieme con gli adulti tra gli splendidi sentieri della conca e spesso si scendeva in gruppo legando gli slittini tutti insieme in un grande serpentone.","Museo Etnografico Regole d'Ampezzo",,,,,,Sportsculture,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,"DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,Sport",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/3501baabcf2f91a4e47128b7fb2a0211.JPG,"Still Image","Museo Etnografico Regole d'Ampezzo",1,0
"Sci militari",,"Parlare di sport e di Grande Guerra sembra assurdo, eppure ci sono casi in cui lo sport unì soldati di diverse fazioni, come accadde durante la famosa partita di calcio giocata fra inglesi e tedeschi a Ypres a Natale del 1914. Una tregua che ci piace ricordare per il suo profondo significato.
Nel nostro museo, però, trovate un altro oggetto, che oggi è sinonimo di sport: un paio di lunghissimi sci di legno. È straordinario pensare a come si siano modificati negli anni, eppure all'epoca divennero uno strumento indispensabile per i soldati che avevano bisogno di spostarsi velocemente sulla neve.
","Museo Marmolada Grande Guerra ","Sito internet museo ",,,,,"Sportsculture - Lungo la scia",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,," Spuren im schnee,Along the trail,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,Lungo la scia,Sport",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/796c77490c384fa10714b092c34afa5d.jpg,"Still Image","Museo Marmolada Grande Guerra",1,0
"Tutti con la slitta, La Valle, 1910",,"All’inizio del Novecento erano pochi ad avere o potersi permettere gli sci. Molto diffusa era invece la slitta (la liösa in ladino) di varie forme e fatture. La slitta era un mezzo di trasporto utilizzato sia per muoversi più velocemente in paese, per andare a scuola o a messa, che per altri vari lavori, come trasportare a valle il fieno dai capanni (tablá in ladino) a monte. Ma con la slitta ci si divertiva anche un mondo! Grandi e bambini, che in questa foto hanno sì tracciato scie nella neve, ma anche tante buche!
Letture consigliate
La vita sciöche n jüch – Racoiüda de jüc fać tla Ladinia, Daria Valentin, Museum Ladin Ciastel de Tor, 2007","Museum Ladin Ciastel de Tor","Archivio Museum Ladin Ciastel de Tor, Collezione Tumesc Ploner",,"La Valle, 1910",,,"lungo la scia",,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,," Spuren im schnee,Along the trail,DolomitesMuseum,DolomitesMuseum2020,Lungo la scia,slittino,Sport,Sportsculture",https://patrimonio.museodolom.it/files/original/437db6851509dd80e7e3f120e148fd1e.jpg,"Still Image","Museum Ladin Ciastel de Tor y Ursus ladinicus",1,0