Lo sgancio rapido
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Titolo
Lo sgancio rapido
Descrizione
Da 'ABiCi – L’alfabeto e la storia della bicicletta. Museo Toni Bevilacqua di Sergio Sanvido' di Claudio Gregori, EditVallardi, 2010, pag. 102-110.
LA RIVOLUZIONARIA INVENZIONE DELLO SGANCIO RAPIDO
< Campagnolo si ferma per girare la ruota. Ha le mani ghiacciate. Di metallo. Tenaglie che non si chiudono più. Non riesce a girare i galletti della ruota. Scaglia due imprecazioni: 'Ostia! Diobon!'. Il lampo di quelle bestemmie scioglie il dado. Presto può ripartire. Sale. Il capo sul manubrio piegato in modo da parare il vento. Le palpebre bianche di gelo e di paura. Avanza con voglia di sole. Invece entra in un mondo freddo come un cristallo. La sua ruota, ormai, apre un varco sulla neve. Segue la scia tracciata da ruote fuggitive. La salita è tagliente, affilata, tutta spire e coltelli. Campagnolo è solo sulla montagna bianca. Nel candore puro del dolore.
Mentre il corpo sembra spegnersi, sopraffatto dal gelo, il cervello lavora. Campagnolo è un Archimede di campagna. Suo padre Valentino conversa in ferramenta. Brera scrive: <Il negozio del padre all’angolo di viale Padova era pieno zeppo di merci… Alle pareti erano appese catene per bovini, vomeri di aratro, vanghe e falci di varie fogge, fienaie, messorie, ecc. A ridosso dell’invetriata era un bancone da fabbro con due morse di ghisa e tutti gli attrezzi per martellare una falce o accorciare una catena. Questo bancone era l’altare al quale faceva le sue quotidiane devozioni Tullio, diventato ben presto quasi maniaco della lima'. Ha frequentato la 'Scuola di Arti e Mestieri' da ragazzo. L’officina è il suo 'atelier'. Per quel laboratorio creativo aveva lasciato il posto di secondo macchinista delle Ferrovie>.
La bici divenne il primo oggetto della fantasia già da ragazzo. Brera racconta: <Con i primi risparmi si era fatto una bicicletta da corsa. La bicicletta era in effetti il suo idolo, il suo vitello d’oro. Per le corse riusciva a disertare anche la messa, e questo in verità non entusiasmava sua madre>.
Andava con l’amico Coltro sui Monti Berici cantati da Catullo, sui Colli Euganei di Petrarca. Scoprì le Dolomiti al tempo di Buzzati.
La salita gli piace. Campagnolo è solido come una roccia. Un toro, appunto. Ma quello è il giorno del dolore. Mentre sale si arrovella. La prima idea è di applicare la legge della leva. Si può allungare la leva del dado. Ma non gli basta.
Pensa: 'Bisogna cambiar qualcossa de drio'.
La salita è calvario. Davanti a lui molla anche Reffo. Ultimo accedere è Bendoni. I corridori sono costretti a scendere di sella. Avanzano nella neve, i piedi nei solchi lasciati dalle automobili, spingendo la bici a mano. Solo Negrini resta sui pedali. Si contorce, con sforzo michelangiolesco, sulla bici. Ad un tratto perde l’equilibrio e cade nella neve alta dieci centimetri. Un atterraggio morbido. La neve bagnata, però, gli entra nelle scarpe, gli gela le mani.
Nella sua scia Cottarelli, a bordo dell’ 'Ansaldo' di Mosè Sinigaglia, trepida, soffre e sbotta: <Ecco infine agli alberghi del Croce d’Aune il culmine della scalata del Calvario. Scenario fantastico, certo più da gare sciatorie che ciclistiche: freddo pungente, sterminate e compatte distese di neve, nubi sopra il capo>.
Alle 13.00 in punto Negrini scollina. Si ferma subito per girare la ruota. Campagnolo lo raggiunge e riparte con lui. Terzo a 1’30' passa Benzoni, poi Dartardi a 3″, Cattaneo e Serafin a 6’30', Cevin e Reffo a 8′, poi Ferrato… nella discesa Campagnolo è pietrificato. Solo le ruote si muovono attraverso lame di gelo. Scende sognando fiamme lontane. Febbricitante statua di marmo, percorso da tremiti.
La discesa sulla neve è l’esercizio di un equilibrista sul filo. Campagnolo aveva già conosciuto la caduta. Una volta, a Prato della Valle, un tifoso, sporgendosi, lo aveva fatto volare. Si è spaccato il labbro. Così ora sembra quasi che abbia il labbro leporino. Mentre scende con circospezione, fora. E, di nuovo, il cambio della ruota con le dita gelate è un esercizio impossibile. Di nuovo pensa: 'Bisogna cambiar qualcossa de drio'. La frase gli rimbalza in testa come un’eco. Ossessiva.
La corsa è ormai scappata. Al rifornimento di Pedavena, 119 km, Negrini e Bendoni fuggono davanti a tutti. Poi Negrini stacca il rivale ed entra solo nel velodromo comunale di viale Carducci. Vince con 5’37' su Bendoni, 7’30' su Reffo, Cattaneo, Dartardi e Campagnolo, 23’35' su Sante Ferrato. Poi gli altri.
<Crediamo nostro primo compito accomunare in uno schietto e vivo elogio tutti indistintamente: essi ne hanno diritto per il semplice ma grande merito di aver superato le immani difficoltà della giornata>, scrive Cottarelli. Due giorni dopo La Gazzetta dello Sport pubblica la foto di Negrini solo nella neve sul Croce d’Aune 7. Presto salirà sul podio al Giro d’Italia 8.
Campagnolo torna nel suo 'atelier'. Prova e riprova. Corre in bicicletta 9. Esperimenta in corsa. Cinquantun mesi dopo, l’8 febbraio 1930, presenta il suo primo brevetto. Ha un nome in rima buffa: 'ruotismo per ciclismo'. È il primo dei suoi 185 brevetti. Nel 1933 fonda la 'Campagnolo srl'. >
(Sotto:
1 - nasce il 'ruotismo per ciclismo', il primo mozzo con sgancio rapido, è il 1930;
2 - Campagnolo in veste di corridore;
3 - Passo Croce d’Aune – Monumento a Campagnolo e alla sua invenzione;)
LA RIVOLUZIONARIA INVENZIONE DELLO SGANCIO RAPIDO
< Campagnolo si ferma per girare la ruota. Ha le mani ghiacciate. Di metallo. Tenaglie che non si chiudono più. Non riesce a girare i galletti della ruota. Scaglia due imprecazioni: 'Ostia! Diobon!'. Il lampo di quelle bestemmie scioglie il dado. Presto può ripartire. Sale. Il capo sul manubrio piegato in modo da parare il vento. Le palpebre bianche di gelo e di paura. Avanza con voglia di sole. Invece entra in un mondo freddo come un cristallo. La sua ruota, ormai, apre un varco sulla neve. Segue la scia tracciata da ruote fuggitive. La salita è tagliente, affilata, tutta spire e coltelli. Campagnolo è solo sulla montagna bianca. Nel candore puro del dolore.
Mentre il corpo sembra spegnersi, sopraffatto dal gelo, il cervello lavora. Campagnolo è un Archimede di campagna. Suo padre Valentino conversa in ferramenta. Brera scrive: <Il negozio del padre all’angolo di viale Padova era pieno zeppo di merci… Alle pareti erano appese catene per bovini, vomeri di aratro, vanghe e falci di varie fogge, fienaie, messorie, ecc. A ridosso dell’invetriata era un bancone da fabbro con due morse di ghisa e tutti gli attrezzi per martellare una falce o accorciare una catena. Questo bancone era l’altare al quale faceva le sue quotidiane devozioni Tullio, diventato ben presto quasi maniaco della lima'. Ha frequentato la 'Scuola di Arti e Mestieri' da ragazzo. L’officina è il suo 'atelier'. Per quel laboratorio creativo aveva lasciato il posto di secondo macchinista delle Ferrovie>.
La bici divenne il primo oggetto della fantasia già da ragazzo. Brera racconta: <Con i primi risparmi si era fatto una bicicletta da corsa. La bicicletta era in effetti il suo idolo, il suo vitello d’oro. Per le corse riusciva a disertare anche la messa, e questo in verità non entusiasmava sua madre>.
Andava con l’amico Coltro sui Monti Berici cantati da Catullo, sui Colli Euganei di Petrarca. Scoprì le Dolomiti al tempo di Buzzati.
La salita gli piace. Campagnolo è solido come una roccia. Un toro, appunto. Ma quello è il giorno del dolore. Mentre sale si arrovella. La prima idea è di applicare la legge della leva. Si può allungare la leva del dado. Ma non gli basta.
Pensa: 'Bisogna cambiar qualcossa de drio'.
La salita è calvario. Davanti a lui molla anche Reffo. Ultimo accedere è Bendoni. I corridori sono costretti a scendere di sella. Avanzano nella neve, i piedi nei solchi lasciati dalle automobili, spingendo la bici a mano. Solo Negrini resta sui pedali. Si contorce, con sforzo michelangiolesco, sulla bici. Ad un tratto perde l’equilibrio e cade nella neve alta dieci centimetri. Un atterraggio morbido. La neve bagnata, però, gli entra nelle scarpe, gli gela le mani.
Nella sua scia Cottarelli, a bordo dell’ 'Ansaldo' di Mosè Sinigaglia, trepida, soffre e sbotta: <Ecco infine agli alberghi del Croce d’Aune il culmine della scalata del Calvario. Scenario fantastico, certo più da gare sciatorie che ciclistiche: freddo pungente, sterminate e compatte distese di neve, nubi sopra il capo>.
Alle 13.00 in punto Negrini scollina. Si ferma subito per girare la ruota. Campagnolo lo raggiunge e riparte con lui. Terzo a 1’30' passa Benzoni, poi Dartardi a 3″, Cattaneo e Serafin a 6’30', Cevin e Reffo a 8′, poi Ferrato… nella discesa Campagnolo è pietrificato. Solo le ruote si muovono attraverso lame di gelo. Scende sognando fiamme lontane. Febbricitante statua di marmo, percorso da tremiti.
La discesa sulla neve è l’esercizio di un equilibrista sul filo. Campagnolo aveva già conosciuto la caduta. Una volta, a Prato della Valle, un tifoso, sporgendosi, lo aveva fatto volare. Si è spaccato il labbro. Così ora sembra quasi che abbia il labbro leporino. Mentre scende con circospezione, fora. E, di nuovo, il cambio della ruota con le dita gelate è un esercizio impossibile. Di nuovo pensa: 'Bisogna cambiar qualcossa de drio'. La frase gli rimbalza in testa come un’eco. Ossessiva.
La corsa è ormai scappata. Al rifornimento di Pedavena, 119 km, Negrini e Bendoni fuggono davanti a tutti. Poi Negrini stacca il rivale ed entra solo nel velodromo comunale di viale Carducci. Vince con 5’37' su Bendoni, 7’30' su Reffo, Cattaneo, Dartardi e Campagnolo, 23’35' su Sante Ferrato. Poi gli altri.
<Crediamo nostro primo compito accomunare in uno schietto e vivo elogio tutti indistintamente: essi ne hanno diritto per il semplice ma grande merito di aver superato le immani difficoltà della giornata>, scrive Cottarelli. Due giorni dopo La Gazzetta dello Sport pubblica la foto di Negrini solo nella neve sul Croce d’Aune 7. Presto salirà sul podio al Giro d’Italia 8.
Campagnolo torna nel suo 'atelier'. Prova e riprova. Corre in bicicletta 9. Esperimenta in corsa. Cinquantun mesi dopo, l’8 febbraio 1930, presenta il suo primo brevetto. Ha un nome in rima buffa: 'ruotismo per ciclismo'. È il primo dei suoi 185 brevetti. Nel 1933 fonda la 'Campagnolo srl'. >
(Sotto:
1 - nasce il 'ruotismo per ciclismo', il primo mozzo con sgancio rapido, è il 1930;
2 - Campagnolo in veste di corridore;
3 - Passo Croce d’Aune – Monumento a Campagnolo e alla sua invenzione;)
Autore
Museo Storico della Bicicletta 'T. Bevilacqua'
Fonte
Editore
Facebook
Data
2020-03-22
Relazione
beyondthepass
Formato
Still Image
Lingua
Italiano
Tipo
Still Image
Copertura
Passo Croce d'Aune 32030 BL
Citazione
Museo Storico della Bicicletta 'T. Bevilacqua', “Lo sgancio rapido,” Patrimonio - Museo Dolom.it, ultimo accesso il: 15 novembre 2024, https://patrimonio.museodolom.it/items/show/3844.