#paesaggiodivita_ Mele e pere in Provincia di Belluno, un esempio di biodiversità coltivata
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Titolo
#paesaggiodivita_ Mele e pere in Provincia di Belluno, un esempio di biodiversità coltivata
Descrizione
Il camicione esposto al museo Etnografico della Provincia di Belluno e del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, ricavato dalla tela di un pagliericcio, serviva per raccogliere le mele o le pere. Veniva indossato come una camicia e fermato in vita da un cordino. La frutta, che si infilava dalla scollatura, veniva così trattenuta e si poteva portare fino a 25 chili! Chi effettuava la raccolta poteva muoversi agevolmente sugli alberi, avendo le mani libere.
Nel 1998 ho proposto al Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi di iniziare una ricerca sulle varietà locali di mele, di pere, di fagioli, ma anche su alcune piante spontanee utilizzate nell’alimentazione. Questo lavoro, che per alcuni anni ha visto impegnati agronomi, etnobotanici e una disegnatrice naturalistica, ha portato all’individuazione di numerosissime varietà locali e alla raccolta, dai contadini “custodi della biodiversità”, di informazioni preziose sulle tecniche di coltivazione, sui significati simbolici, sul lessico: pon del fèr, pon de la roséta, per budèl, per paz, pon prussiàn, per gnòch, per del diàol, pon de la Madòna, pon de l òio, pon armelón, pon de San Giacomo, pon de la segàla, per patata, per de la merda, per del diàol, perùzole ...
Questa ricchezza linguistica rispecchia una ricchezza di varietà coltivate, unica nel territorio Veneto! Il motivo è che in questo territorio non si è sviluppata un’agricoltura intensiva come nei vasti spazi delle pianure o di certe aree della montagna e quindi si sono conservati i vecchi alberi da frutto.
Tutte queste varietà hanno profumi, gusti e colorazioni diversi tra loro, a volte molto caratterizzanti. Che senso aveva coltivare così tante piante diverse? Innanzitutto se una pianta si ammalava, magari un’altra era più resistente e riusciva a sopravvivere; inoltre veniva garantita una migliore disponibilità di frutta in più periodi dell’anno. Alcune pere infatti sono già pronte a fine luglio, altre bisogna aspettare novembre perché inizino ad essere mature, altre ancora sono mangiabili solo se prima vengono cotte. Per riuscire a sopperire allo scarso apporto di vitamine in primavera, dovuto alla mancanza di frutta e verdura fresca, spesso si conservavano le mele facendole seccare oppure cuocendole per ricavarne una pasta (codinzon).
Nel 1998 ho proposto al Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi di iniziare una ricerca sulle varietà locali di mele, di pere, di fagioli, ma anche su alcune piante spontanee utilizzate nell’alimentazione. Questo lavoro, che per alcuni anni ha visto impegnati agronomi, etnobotanici e una disegnatrice naturalistica, ha portato all’individuazione di numerosissime varietà locali e alla raccolta, dai contadini “custodi della biodiversità”, di informazioni preziose sulle tecniche di coltivazione, sui significati simbolici, sul lessico: pon del fèr, pon de la roséta, per budèl, per paz, pon prussiàn, per gnòch, per del diàol, pon de la Madòna, pon de l òio, pon armelón, pon de San Giacomo, pon de la segàla, per patata, per de la merda, per del diàol, perùzole ...
Questa ricchezza linguistica rispecchia una ricchezza di varietà coltivate, unica nel territorio Veneto! Il motivo è che in questo territorio non si è sviluppata un’agricoltura intensiva come nei vasti spazi delle pianure o di certe aree della montagna e quindi si sono conservati i vecchi alberi da frutto.
Tutte queste varietà hanno profumi, gusti e colorazioni diversi tra loro, a volte molto caratterizzanti. Che senso aveva coltivare così tante piante diverse? Innanzitutto se una pianta si ammalava, magari un’altra era più resistente e riusciva a sopravvivere; inoltre veniva garantita una migliore disponibilità di frutta in più periodi dell’anno. Alcune pere infatti sono già pronte a fine luglio, altre bisogna aspettare novembre perché inizino ad essere mature, altre ancora sono mangiabili solo se prima vengono cotte. Per riuscire a sopperire allo scarso apporto di vitamine in primavera, dovuto alla mancanza di frutta e verdura fresca, spesso si conservavano le mele facendole seccare oppure cuocendole per ricavarne una pasta (codinzon).
Autore
Museo Etnografico Dolomiti
Fonte
Archivio MES
Relazione
www.museoetnograficodolomiti.it
Citazione
Cristina Busatta, “#paesaggiodivita_ Mele e pere in Provincia di Belluno, un esempio di biodiversità coltivata,” Patrimonio - Museo Dolom.it, accessed October 11, 2024, https://patrimonio.museodolom.it/items/show/5750.