Resti di Ursus ladinicus
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Titolo
Resti di Ursus ladinicus
Descrizione
Alzi la mano chi non adora sgranocchiare un bel panino appena raggiunta la vetta di una montagna! O la cioccolata, che diventa così bella croccante! Insomma, in alta quota tutto acquista un altro sapore. Ma bisogna portarselo appresso nello zaino, in alta montagna mica ci sono i supermercati o gli alberi da frutta. Il periodo vegetativo è troppo corto.
Escursioni termiche marcate, forti venti, la lunga permanenza al suolo della neve, le basse temperature, la forte irradiazione solare sono tutti fattori che rendono l’ambiente di alta montagna non proprio ospitale e bilanciato. Le forti pressioni selettive hanno avuto il loro bel da fare ed è sbalorditivo vedere gli adattamenti che si sono evoluti nel tempo.
L’ospite di questa storia è un erbivoro un po’ a sorpresa: l’orso delle caverne! In particolare il nostro ospite si chiama Ursus ladinicus. Sebbene gli orsi rientrino nell’ordine dei carnivori, la loro dieta è principalmente onnivora. Come i panda invece, gli orsi delle caverne erano erbivori specializzati.
Nel tardo Pleistocene l’Ursus ladinicus conviveva sulle alpi con altre specie di orsi delle caverne, come l’Ursus speleaus eremus e l’Ursus ingressus. Occupando lo stesso habitat e consumando le stesse risorse alimentari, le specie erano in forte competizione. È interessante notare la marcata separazione altitudinale delle 3 specie. A una quota più alta corrisponde l’aumento delle cuspidi sui molari e la riduzione del volume corporeo. La presenza di più cuspidi sui larghi molari determina una maggiore superficie di masticazione che permette di sfruttare al meglio le esigue risorse vegetali. Inoltre la riduzione del volume corporeo permette un risparmio d’energia. L’orso ladino, vivendo anche a quote di 2800 metri sopra il livello del mare, era il più piccolo degli orsi delle caverne sulle alpi e con la dentatura più sviluppata.
Ulteriore adattamento alle alte quote erano i lunghi letarghi invernali. Non riuscendo, come invece per esempio cervi e cerbiatti, a sfruttare vegetazione più sclerotizzata, come la corteccia, l’Ursus ladinicus era costretto a massimizzare l’apporto di morbidi getti e foglie durante il corto periodo vegetativo estivo, per poi consumare lentamente le riserve durante i mesi di letargo.
(da notare i molari con le cuspidi sviluppate in alto a destra)
Letture consigliate
Gli orsi spelèi delle Conturines. Scavi paleozoologici in una caverna delle Dolomiti a 2800 metri, Gernot Rabeder, Athesia, 1993
Der Höhlenbär, Gernot Rabeder, Doris Nagel e Martina Pacher, Jan Thorbecke Verlag, 2000
Ursus ladinicus - Guida breve, a cura di Herwig Prinoth, Museum Ladin Ciastel de Tor, 2012
Escursioni termiche marcate, forti venti, la lunga permanenza al suolo della neve, le basse temperature, la forte irradiazione solare sono tutti fattori che rendono l’ambiente di alta montagna non proprio ospitale e bilanciato. Le forti pressioni selettive hanno avuto il loro bel da fare ed è sbalorditivo vedere gli adattamenti che si sono evoluti nel tempo.
L’ospite di questa storia è un erbivoro un po’ a sorpresa: l’orso delle caverne! In particolare il nostro ospite si chiama Ursus ladinicus. Sebbene gli orsi rientrino nell’ordine dei carnivori, la loro dieta è principalmente onnivora. Come i panda invece, gli orsi delle caverne erano erbivori specializzati.
Nel tardo Pleistocene l’Ursus ladinicus conviveva sulle alpi con altre specie di orsi delle caverne, come l’Ursus speleaus eremus e l’Ursus ingressus. Occupando lo stesso habitat e consumando le stesse risorse alimentari, le specie erano in forte competizione. È interessante notare la marcata separazione altitudinale delle 3 specie. A una quota più alta corrisponde l’aumento delle cuspidi sui molari e la riduzione del volume corporeo. La presenza di più cuspidi sui larghi molari determina una maggiore superficie di masticazione che permette di sfruttare al meglio le esigue risorse vegetali. Inoltre la riduzione del volume corporeo permette un risparmio d’energia. L’orso ladino, vivendo anche a quote di 2800 metri sopra il livello del mare, era il più piccolo degli orsi delle caverne sulle alpi e con la dentatura più sviluppata.
Ulteriore adattamento alle alte quote erano i lunghi letarghi invernali. Non riuscendo, come invece per esempio cervi e cerbiatti, a sfruttare vegetazione più sclerotizzata, come la corteccia, l’Ursus ladinicus era costretto a massimizzare l’apporto di morbidi getti e foglie durante il corto periodo vegetativo estivo, per poi consumare lentamente le riserve durante i mesi di letargo.
(da notare i molari con le cuspidi sviluppate in alto a destra)
Letture consigliate
Gli orsi spelèi delle Conturines. Scavi paleozoologici in una caverna delle Dolomiti a 2800 metri, Gernot Rabeder, Athesia, 1993
Der Höhlenbär, Gernot Rabeder, Doris Nagel e Martina Pacher, Jan Thorbecke Verlag, 2000
Ursus ladinicus - Guida breve, a cura di Herwig Prinoth, Museum Ladin Ciastel de Tor, 2012
Autore
Museum Ladin Ciastel de Tor
Fonte
Pannello espositivo Museum Ladin Ursus ladinicus
Relazione
adattamenti in alta quota
Citazione
Museum Ladin Ciastel de Tor, “Resti di Ursus ladinicus,” Patrimonio - Museo Dolom.it, accessed November 18, 2024, https://patrimonio.museodolom.it/items/show/4168.