I monti della Preistoria
Si arricchisce sempre di più il quadro dei ritrovamenti delle antichissime frequentazioni umane nelle Dolomiti. L'area nord-orientale della provincia di Belluno, finora poca indagata e priva di testimonianze archeologiche preistoriche, è stata oggetto di un'indagine operata congiuntamente da alcuni membri dell’Associazione degli Amici del Museo di Belluno e della Fondazione G. Angelini. Le ricerche hanno permesso di evidenziare anche in questa zona tracce della presenza di cacciatori del periodo mesolitico.
Il fenomeno - che ha visto gruppi di cacciatori penetrare nell’arco alpino circa 10.000 anni fa per battute di caccia stagionali - è ormai ben conosciuto e studiato, soprattutto nel territorio della provincia di Trento. Ora è altrettanto delineato anche in quella di Belluno, attraverso i ritrovamenti avvenuti nella conca di Mondevàl - che si è rivelato il più importante sito mesolitico in Italia - e negli altri numerosi siti dislocati perlopiù nella parte nord-occidentale e centrale dell’alta montagna bellunese, nei pressi di forcelle e passi dove questi cacciatori erano soliti porre i loro bivacchi di avvistamento e di caccia.
In questo panorama mancava ancora la documentazione delle frequentazioni mesolitiche nel comparto montano del Cadore centrale e del Comèlico, sino a che nel 1998 sui monti della valle di Visdende veniva fatta una prima scoperta di alcuni manufatti in selce di color marrone di tipologia mesolitica. La località del ritrovamento è Coston della Spina (comune di S. Pietro di Cadore), a quota di 2085 m e 2050 m, presso un’area umida. Il sito è in posizione dominante a cavaliere tra le pale erbose che scendono ripidamente nella valle di Peza e l’ampia conca di prato-pascolo, ricca di acque ed erbe, che sta sopra la casera di Dignàs.
Verso Ovest l’ampia depressione del costone di Vissada, racchiuso tra la cima dello Schiarón e la frastagliata crestina dolomitica dei Longerini. Ai piedi, la Valle di Visdende che ai tempi delle frequentazioni mesolitiche doveva probabilmente presentare sul fondo un ambiente fluvio-lacustre. Il sito - posto poco sopra il limite superiore del bosco - ben rappresenta l’ambiente tradizionalmente sfruttato dai cacciatori mesolitici, i quali potevano così diversificare le loro azioni di caccia ad animali che vivevano nella foresta, come cervi e caprioli, e a quelli che stanziavano in aree prative e rocciose, come camosci e stambecchi.
Nell’estate del 2000, sono state condotte con esito positivo nuove prospezioni e ricerche lungo la dorsale Spina-Quaternà (comune di Comèlico Superiore). Il tipo di selce rinvenuto - non essendo presente in loco e neppure nelle vicinanze - risulta indubbiamente raccolto e portato sul posto dagli antichi cacciatori mesolitici, i quali utilizzavano questa pietra per produrre i propri strumenti di uso quotidiano: lame per tagliare e macellare le prede, raschiatoi e grattatoi per lavorare le pelli, bulini per incidere, armature geometriche per costruire, in connessione con aste di legno, le armi da getto da scagliare contro gli animali selvatici. Il ritrovamento è avvenuto immediatamente a Nord della selletta, in prossimità di due pozze d’acqua e di un rialzo pianeggiante che consente di tenere sotto osservazione entrambi i versanti della dorsale.
È significativo il fatto che entrambe le località rechino l’appellativo “spina”, il quale nel dialetto locale significa ‘crinale, displuviale’ e indica una dorsale erbosa di moderata pendenza, uno dei terreni di elezione dei cacciatori mesolitici per i loro appostamenti. I due siti comelicani si trovano a poca distanza dal confine austriaco e rappresentano il punto più avanzato della penetrazione mesolitica all’interno del territorio bellunese. Essi si collegano a quelli non molto lontani, rinvenuti negli anni 1983 e 1985 dal dott. R. Lunz del Museo Archeologico di Bolzano a quota 1800 m circa sul lato nord della grande torbiera (resto di un antico lago) esistente nei pressi della malga Nèmes (comune di Sesto di Pusteria), già in area alto-atesina.
Per conoscere meglio i cacciatori mesolitici, vi invitiamo a visitare (online e dal vivo) il Museo Vittorino Cazzetta, che conserva la sepoltura unica e preziosa di Valmo, l'Uomo di Mondeval, vissuto 8.000 anni fa vicino al passo Giau.