Liutaio
Uno strumento di qualità migliora il musicista, un buon musicista migliora lo strumento di qualità.
E’ questo il nesso più intimo ed affascinante che mi ha spinto a capirci di più. Non da musicista (suono il violoncello per godermelo, divertirmi e divertire, cercando di carpirne il segreto che fa vibrare), ma da liutaio. Il mestiere più bello del mondo: lo dice chi lo ha scelto, sembra lo pensino in molti.
Per produrre ciò che tradurrà gesti in musica ci vuole pazienza, una pazienza costante ma che cresce con l’andare del tempo, quando da un tronco d’albero ci si ritrova con una tavola armonica pronta per essere verniciata.
Legno, soltanto legno e tempo, molto. Dedizione, vesciche, calli e schegge. Attrezzi rubati a scultori e dentisti, orafi e pittori. Ci sono i profumi, c’è quello “alpino” dell’abete di risonanza, l’acero bruciato che ricorda il cioccolato, i balsami e le essenze delle vernici naturali, la pece. E ciò che profumato non è, e al contrario maleodora, con gli anni diventa quasi piacevole: le colle animali sciolte a bagnomaria, il metallo degli attrezzi affilati sulle pietre umide, l’olio di lino in cottura.
Più di un mese per costruire un violino, quasi tre per un violoncello. E’ un processo creativo a metà tra artigianato ed arte, in una dimensione fondata sui decimi di millimetro che lascia comunque spazio all’istinto e coinvolge occhio e orecchio, mano e pensiero.
La qualità prima tutto. Nella scelta delle materie prime, nella cura degli strumenti di lavoro, nel continuo apprendimento di gesti decisi e precisi, primitivi come scortecciare un quarto di abete o eleganti, come pennellare una vernice sulle bombature di una viola.
E con la ricerca di qualità, lo studio e la comprensione dei fenomeni acustici; con in testa l’idea, l’utopia cui avvicinarsi del massimo appagamento di occhi esigenti ed orecchie esperte.
Per coronare il sogno di cogliere appieno l’alchimia tra un musicista ed il suo strumento. In una speranza di infinità, a servizio della Musica.
Gianmaria Stelzer