Le Kròmere
Oltre al vendita degli oggetti di legno, le donne (e qualche uomo) si specializzarono anche in un tipo di commercio con piccoli oggetti che trovavano posto in una cassettiera: aghi, filo, pettini, fettuccia, lamette, saponette, shampoo, pizzi e merletti. Tutto questo materiale veniva acquistato all’ingrosso.
"Filo, astico, cordela. Parona vola niente. La compri qualche cosa…” è con queste parole che una venditrice annunciava la sua presenza. A Bologna, un'ambulante della Valcellina era chiamata la donnina dei pizzi perché era molto raffinata nella scelta della merce e le future spose riponevano in lei fiducia quando dovevano preparasi la dote. Le cassettiere erano realizzate in paese con il legno di ciliegio. Nel primo cassettino mettevano spille e collanine, sotto lamette, insomma in ogni cassetto si sistemava la merce, tenendo conto dell’altezza. In quello più profondo, la scatola del filo, e l’elastico. Un’astuzia era quella di sistemare nel primo cassetto anellini e spille per attirare le donne che aprivano la porta di casa e poter così mostrare tutta la merce. Sopra la cassettiera prendeva posto un voluminoso pacco.
Giota racconta:”Sopra la cassettiera riponevo bretelle, calze, mutande, maglie, lacci per scarpe, reggiseno, reggicalze. Aprivi la tela solo da una parte in modo che si potesse vedere la merce, così evitavi di sporcarla ed in caso di pioggia era riparata, capisci?”
"…tutto il carico pesava 30 – 40 chili, però ti dirò una cosa, quando hai fatto l’abitudine, non senti più quel peso". Era importante anche conoscere la lingua del posto, come il tedesco per chi frequentava i paesi del Trentino, dove arrivavano imparavano presto quelle quattro parole utili per comunicare e vendere. Erano gentili le venditrici e davano in omaggio alle clienti più affezionate medagliette o santini presi nei santuari ed in particolare Sant’Antonio. Era il loro ringraziamento e anche un gesto per auspicare la benedizione di questi santi in quelle famiglie.
A Cesiomaggiore, il locale gruppo Folklorico che collabora col Museo etnografico di
Seravella, propone tra le sue figure tipiche proprio la Kromera a cui hanno dedicato una canzone composta appositamente.